La Malattia di Crohn
La malattia di Crohn (CD) è una condizione patologica ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da una flogosi cronica potenzialmente in grado di coinvolgere qualsiasi tratto del tubo digerente dalla bocca all’ano. Da un punto di vista macro e microscopico il processo flogistico arriva ad interessare la parete dell’intestino a tutto spessore.
La più frequente localizzazione della CD è a livello del piccolo intestino in particolare a livello dell’ileo-terminale e a livello del colon; raro è il coinvolgimento esclusivo del retto. Il coinvolgimento simultaneo del piccolo e del grosso intestino costituisce la presentazione più frequente, circa il 55 % dei casi; nel 30 % c’è un interessamento esclusivamente dell’ileo e solo nel 15% una localizzazione unicamente colica. Il 25-50 % dei Pazienti affetti da malattia di Crohn presenta un coinvolgimento anale; la difficoltà nel definire la reale incidenza della malattia perianale è dovuta al fatto che spesso le lesioni sono asintomatiche. La diagnosi nel 36-81% dei casi può precedere di alcuni anni l’esordio clinico della malattia, o concomita con la diagnosi della localizzazione intestinale; solo in una piccola percentuale dei pazienti (<5%) le fistole rappresentano l’unica localizzazione della malattia.
L’interessamento di tale area è strettamente correlato alla particolare densità di tessuto linfoide, principalmente attorno alle strutture ghiandolari poste nello spazio intersfinterico. Ad oggi si sa che le fistole dei Pazienti con CD si sviluppano come conseguenza di un processo chiamato “transizione dalle cellule epiteliali a mesenchimali (EMT), probabilmente nelle zone con infiammazione cronica in atto. Durante l’EMT, le cellule epiteliali intestinali differenziate diventano de-differenziate e acquisiscono un fenotipo mesenchimale. In particolare le cellule associate alle fistole acquisiscono marcatori associati all’invasività cellulare che contribuisce allo sviluppo di tratti di fistola invasivi. Altre evidenze suggeriscono il coinvolgimento della microflora intestinale nello sviluppo della fistola.
Da un punto di vista clinico, a livello perianale il morbo di Crohn si manifesta con una grande varietà di quadri clinici coinvolgenti:
- Cute perianale sottoforma di skin tags,
ovvero marische emorroidarie, emorroidi;
- canale anale sottoforma di ulcerazioni, ragadi, stenosi
- flogosi suppurative che comportano la formazione di ascessi e fistole coinvolgenti il perineo o gli organi limitrofi, retto e vagina.
Quando colpisce la zona perianale la malattia di Crohn (CD) è particolarmente dolorosa per i Pazienti e frustrante per i medici che devono trovare modalità e farmaci per trattare il Paziente in modo efficace. Essa è associata ad una sintomatologia particolarmente dolorosa che spesso condiziona la qualità di vita del Paziente nonché la prognosi quoad vitam.
Gli scenari clinici sono vari ed eterogenei e comprendono manifestazioni pruriginose e fastidiose fino a complicanze più importanti, quali ascessi e fistole e la stenosi del canale anale. Se si considera la natura cronica della malattia e il suo frequente esordio in età giovanile risulta evidente la necessità di uno studio approfondito e completo di tale patologia; da qui nasce la necessità di un team multidisciplinare in cui vengono coinvolti gastroenterologi, chirurghi colorettali e radiologi di imaging con competenze specifiche in questo settore.
Molto spesso, come si è già detto precedentemente, nella malattia di Crohn, ci si trova di fronte a due quadri patologici molto diversi, tuttavia in stretta relazione tra loro: da un lato la malattia intestinale, che nella maggior parte dei casi rappresenta l’esordio della patologia; dall’altro, la malattia perianale che necessita di trattamenti ad hoc spesso prioritari e urgenti rispetto a quella intestinale. La difficoltà del trattamento risiede proprio nel riuscire a coniugare queste due dimensioni simili nella patogenesi ma comunque profondamente differenti dal punto di vista terapeutico. Infatti la malattia intestinale trae sicuramente beneficio da un trattamento per lo più farmacologico basato su una terapia antibiotica, e di farmaci biologici, che però può complicare il quadro perianale, aumentando il rischio di ascessi e sovrainfezioni batteriche. In questi Pazienti, l’obiettivo primario della chirurgia deve essere il controllo e il drenaggio di eventuali ascessi che necessitano di trattamento immediato e prioritario.
DIAGNOSI
Le indagini strumentali sono fondamentali per evitare di incorrere in due rischi principali: il primo è di creare una lesione sfinteriale, con conseguente incontinenza; il secondo consiste nella persistenza di focolai di sepsi che inevitabilmente condurrà a recidiva. Da queste premesse le metodiche diagnostiche che si configurano come esami di prima scelta sono l’Ecografia Transanale, la Risonanza Magnetica pelvica e la valutazione chirurgica in anestesia generale.
La diagnosi di fistola perianale è principalmente clinica; la diagnostica strumentale tuttavia è fondamentale per definire le caratteristiche della fistola, ovvero, la sua anatomia, il numero di fistole ed il loro decorso: tutto ciò è necessario per stabilire un adeguato approccio terapeutico.
Sarà quindi indispensabile identificare la posizione dell’orifizio interno della fistola, del tragitto e dell’orifizio esterno, nonché eventuali raccolte ascessuali e soprattutto stabilire quali rapporti il tragitto fistoloso contrae con l’apparato sfinteriale e con i muscoli del pavimento pelvico.
Ecografia Transanale
L’ecografia transanale è un esame semplice, ripetibile, ben tollerato dal Paziente e di rapida esecuzione; essa si esegue attraverso l’introduzione di una sonda endoanale con il paziente in decubito laterale sinistro (posizione di Sims). Il risultato di tale metodica è migliorato dall’ausilio di acqua ossigenata iniettata attraverso l’orifizio esterno della fistola; in questo modo si ottiene un’immagine iperecogena del tragitto fistoloso.
Risonanaza magnetica pelvica
La risonanza magnetica pelvica è un’indagine molto valida per lo studio delle fistole perianali. L’RMN è particolarmente utile nel visualizzare lo sfintere anale e i muscoli del pavimento pelvico, come pure nel rilevamento di tratti fistolosi ed eventuali ascessi associati. La sequenza T2 con soppressione del grasso è ottimale per l'imaging della fistola, mentre la sequenza in T1 è utile per distinguere tra fluido/pus e tessuto granuloso. Questo è importante per aiutare ulteriormente a definire la diagnosi e la classificazione, e per fornire un intervento terapeutico con drenaggio dell’ascesso o di collocamento del setone
TERAPIA
La risonanza magnetica pelvica è un’indagine molto valida per lo studio delle fistole perianali. L’RMN è particolarmente utile nel visualizzare lo sfintere anale e i muscoli del pavimento pelvico, come pure nel rilevamento di tratti fistolosi ed eventuali ascessi associati. La sequenza T2 con soppressione del grasso è ottimale per l'imaging della fistola, mentre la sequenza in T1 è utile per distinguere tra fluido/pus e tessuto granuloso. Questo è importante per aiutare ulteriormente a definire la diagnosi e la classificazione, e per fornire un intervento terapeutico con drenaggio dell’ascesso o di collocamento del setone
E’ chiaro che la presenza di una fistola complessa ha un valore predittivo negativo sul tipo di decorso clinico e sulle possibilità di trattamento chirurgico.
Mentre la maggior parte delle fistole semplici possono essere trattate con fistulotomia (o messa a piatto), le complesse necessitano di trattamenti più raffinati.
In caso in cui ci sia un importante coinvolgimento dell’apparato sfinteriale, è più appropriato l’utilizzo del SETONE ovvero posizionare, un filo sottile in silicone all’interno del tragitto fistoloso. Il setone ha la funzione di drenare e quindi deve essere lasciato lasso, appunto “loose seton” con lo scopo di drenare l’ascesso e favorire la guarigione.
In caso di necessità si può ricorrere al posizionamento di più setoni. Il setone non arreca fastidio al Paziente e non richiede medicazioni.
Il timing di rimozione del setone rimane ad oggi una questione aperta: non esiste consenso univoco riguardo al tempo di permanenza. Sarà quindi fondamentale seguire Paziente nel tempo, attraverso l’esecuzione di ecografie trans anali o RM pelviche di controllo per stabilire il timing ottimale della rimozione.
In caso di fistole anali complesse una considerazione fondamentale da fare riguarda il fatto che ogni trattamento, qualunque esso sia, debba essere subordinato alla necessità primaria di risolvere lo stato settico cui spesso questi Pazienti vanno incontro. In questo panorama dunque si presenta la possibilità di un approccio alla malattia in modo più o meno “demolitivo”, considerando comunque la complessità anatomica e funzionale del distretto interessato e gli eventuali danni che si possono provocare nel trattamento, prima fra tutte l’incontinenza fecale in funzione dell’obiettivo terapeutico.
In assenza di linee guida precise che orientino univocamente nella decisione dell’uno o dell’altro trattamento in base alla gravità clinica, la scelta rimane all’esperienza del chirurgo.
Una tecnica molto diffusa in caso di fistole anali complesse, soprattutto in quelle transfinteriche, è la “mucosal advancement flap” la quale consiste nella chiusura dell’orifizio interno mediante trasposizione verso il basso della porzione di mucosa e muscolatura circolare interna del retto (flap) sovrastanti l’orifizio. Questo trattamento determina l’obliterazione dell’orifizio fistoloso interno evitando così la sezione dello sfintere esterno. In questi casi, la percentuale di guarigione varia tra il 58% e il 98% con un rischio di incontinenza del 12% circa.
Spesso l'estensione della fistola è tale da creare una situazione di sepsi cronica attorno al retto che oltre alla sintomatologia dolorosa e l'iperpiressia è tale da creare una pessima qualità di vita; nei casi più gravi, la malattia perianale assume un andamento, per così dire, "maligno" ed è stata giustamente definita " malignant perianal Crohn's disease".
NUOVE TECNICHE…DIREZIONI FUTURE
Le terapie esistenti per le fistole perianali sono associate a un tasso di fallimento elevato, c’è quindi necessità di una terapia che conduca alla chiusura e alla guarigione della fistola sostenuta nel tempo in ambito chirurgico una tecnica innovativa è la VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment): attraverso un fistuloscopio si va ad eseguire l'endoscopia del tramite fistoloso, cui segue la cauterizzazione della fistola dal suo interno e la chiusura dell'orifizio interno per via transanale tramite tecnica del mucosal advancement flap.
La strumentazione necessaria è costituita dal cosiddetto VAAFT equipment (Karl Storz, Tuttlingen, Germany). I risultati degli studi relativi a questa tecnica sono ancora in corso di definizione, ma molto promettenti in quanto ha dimostrato ottimi risultati in termine di guarigione, di recidiva e di gradimento da parte del Paziente.
In ambito medico negli ultimi anni stanno diventando sempre di più i lavori che prendono in considerazione l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali, le quali hanno proprietà immunomodulanti, partecipando ai processi di riparazione del tessuto mostrando risultasti promettenti nella guarigione della fistola perianale nei Pazienti con CD . Nello specifico, le cellule mesenchimali originano dal mesoderma e possono differenziarsi successivamente nei diversi tessuti. Sono efficaci nel trattamento di diverse patologie; queste cellule vengono estratte dal tessuto adiposo umano, purificate e, nel caso del Paziente con fistola possono promuovere il “crosstalk” con le cellule immuni nell’area che circonda la fistola.
Per cui dopo una prima revisione della cavità della fistola, pulizia e drenaggio dell’ascesso, bisogna chiudere l’orifizio interno della fistola e, attraverso una siringa, iniettare nel tessuto perilesionale una quota di queste cellule staminali che avrebbero la funzione di interagire con le sostanze prodotte dall’infiammazione nel tessuto perilesionale e stimolare la guarigione della fistola. Questa terapia è ancora in fase di sperimentazione ma sembra dare ottimi risultati in termini di efficacia e di remissione della malattia: remissione clinica e radiologica nel 51 % con una durata di 52 settimane. In pratica ad 1 anno oltre il 50 % dei Pazienti sono andati incontro a guarigione della fistola.
In conclusione diversi sono i trattamenti farmacologici, medici e chirurgici in fase di valutazione per la guarigione delle fistole perianali ma nella maggior parte dei casi le evidenze sono scarse o contraddittorie. Nel caso delle cellule staminali mesenchimali del tessuto adiposo esistono trial clinici che ne dimostrano efficacia e sicurezza anche nel lungo periodo.
Le attuali terapie, e la presenza di un team multidisciplinare, fatto da gastroenterologi, chirurghi colorettali e radiologi dedicati sicuramente permetterà di migliorare il trattamento di questa difficile malattia.