Per la cura dell'incontinenza fecale
L’incontinenza fecale è l’incapacità a controllare o semplicemente percepire lo stimolo alla defecazione; ne consegue un'emissione incontrollata ed involontaria di feci e gas intestinali. Una delle cause dell’incontinenza è la lacerazione dell’apparato sfinteriale da trauma ostetrico o per lesione iatrogena dello sfintere.
Fortunatamente, l'incontinenza fecale non è un disturbo incurabile come si potrebbe presumere; esistono infatti una serie di interventi che possono permettere una “restitutio ad integrum” della funzione sfinteriale. Tra questi quella che viene eseguita in caso di una lesione dello sfintere anale è la sfinteroplastica.
Si tratta di un intervento delicato, il cui tasso di successo è molto variabile; si tratta di un intervento chirurgico che si propone di riparare gli sfinteri - in particolare lo sfintere esterno - nel punto in cui sono stati lesionati
Un’ alternativa alla graciloplastica dinamica è lo sfintere artificiale, il quale è stato inizialmente utilizzato per l’incontinenza urinaria e, successivamente anche per quella fecale. Lo sfintere artificiale è un dispositivo protesico completamente impiantabile caratterizzato da un anello gonfiabile che viene impiantato attorno all'ano che in questo modo viene tenuto chiuso e, quando si desidera evacuare, attraverso la pressione esercitata su una piccola pompa, si ha l’apertura dell’anello con il conseguente passaggio delle feci attraverso l'ano.
Ma, come per la graciloplastica, le esperienze a lungo termine non sono state soddisfacenti per l’alto tasso di espianti (15-65 %) dovuti sia a malfunzionamento delle parti meccaniche sia a problemi di tipo infettivo o da decubito dell’impianto.
L’intervento è eseguibile in anestesia generale o spinale; la Paziente viene posizionata sul tavolo operatorio in posizione litotomica/ginecologica, si pratica quindi un'incisione curvilinea parallela al sfintere esterno che si estende almeno di 180 ° - 200 ° e si procede a dissezione del muscolo sfintere esterno; tale dissezione viene eseguita per tutta la lunghezza dello sfintere esterno fino al piano dei muscoli elevatori. Si procede quindi a riavvicinare le due estremità o a sovrapporle per poi suturarle mediante l’utilizzo di punti in monofilamento.
Diagnosi
L’anamnesi rappresenta un momento fondamentale nell’inquadramento diagnostico di un Paziente con incontinenza, al fine di un’adeguata pianificazione del trattamento. Essendo una condizione multifattoriale, l’inquadramento dell’incontinenza fecale deve avvenire nel contesto di una valutazione multidisciplinare iniziando con una raccolta accurata di informazioni quali il numero di gravidanze, il tipo di parto, il peso del bambino/a alla nascita, eventuale utilizzo del forcipe o dell’esecuzione di una o più episiotomie. Altre informazioni importanti riguardano eventuali interventi chirurgici proctologici, traumi e l’utilizzo di farmaci psichiatrici.
La visita proctologica andrà a valutare l’orifizio anale, una sua eventuale deformazione da esiti cicatriziali, la discesa del pavimento pelvico facendo compiere al/alla Paziente la manovra di ponzamento; e infine, mediante l’eplorazione digitale si valuterà il tono sfinteriale, e l’integrità del muscolo pubo-rettale .
Dal giudizio clinico finale deriva la scelta delle successive indagini diagnostiche.
Nello studio di un Paziente con incontinenza fecale, un ruolo fondamentale spetta all’ecografia endoanale con sonda rotante 360° la quale rappresenta il gold standard per la valutazione anatomica dell’apparato sfinteriale, permettendo di distinguere Pazienti con un deficit anatomico da quelli con apparato sfinteriale integro.
Nella maggior parte delle situazioni, l’ecografia endoanale con sonda rotante 360° è fondamentale nella scelta dell’iter terapeutico sia medico che chirurgico.
Negli ultimi anni sta progressivamente affermandosi, l’ecografia perineale dinamica. Questa indagine fornisce informazioni importante sui vari componenti del pavimento pelvico, sia in condizioni statiche che dinamiche proponendosi come indagine in grado di studiare la maggior parte delle problematiche uro-ginecologiche e colon-proctologiche.
Nelle situazioni più complesse, un grosso apporto viene dato dalla Risonanza Magnetica Nucleare del pavimento pelvico con la quale si può estendere l’area di studio ai tessuti ed alle strutture più distanti dal canale anale.
A queste indagini, vanno sempre affiancate delle indagini funzionali, in particolare la manometria anorettale e i test neurofisiologici; la manometria anorettale, in particolare, è una tecnica diagnostica funzionale, specifica per lo studio dei disordini della defecazione che, permette di identificare difetti della funzione sfinteriale anale, alterazioni della sensibilità e della distensibilità (compliance) dell’ampolla rettale.
Le metodiche neurofisiologiche consentono di studiare le componenti muscolari e nervose del pavimento pelvico; il target principale è il nervo pudendo il quale è coinvolto nei meccanismi della continenza fecale e urinaria. Esse sono rappresentate principalmente dall’elettromiografia anale e dal pudendal nerve terminal motor latency (PNTML): queste indagini però, negli ultimi anni sono state ampiamente sostituite dall’ecografia endoanale.
Terapia
l “primo gradino terapeutico” è rappresentato dalla riabilitazione pelvi-perineale; essa si avvale di alcune tecniche rieducative che hanno lo scopo di “rieducare” la muscolatura perineale al fine di svolgere al meglio le proprie funzioni fisiologiche. La Riabilitazione del Pavimento Pelvico è costituita dalla stimolazione elettrica funzionale, dal biofeedback e dalla kinesiterapia pelvi perineale, le quali vengono applicate in diversa combinazione tra loro; in questo modo il ciclo terapeutico di riabilitazione viene così “cucito” sullo specifico profilo patogenetico del singolo Paziente.
La riabilitazione pelviperineale ha un tasso di successo dell’ 80%. Questo dimostra come molti Pazienti incontinenti possono essere curati “SEMPLICEMENTE” con la riabilitazione. Il numero di sedute è variabile ma in genere è di 10-12, con la necessità di ulteriori “trattamenti di richiamo”, a 3 ed a 6 mesi dal primo trattamento.
Alla Riabilitazione del Pavimento Pelvico, si è affiancata negli ultimi anni la STIMOLAZIONE PERCUTANEA DEL NERVO TIBIALE POSTERIORE (PTNS). La PTNS, è una valida alternativa per quei Pazienti i cui sintomi non migliorano con la terapia conservativa, ed è un sistema a minima invasività che consente una stimolazione retrograda del plesso sacrale, mediante la stimolazione elettrica percutanea del nervo tibiale. Tale nervo contiene fibre che originano dalla radice sacrale S3, dalla quale partono diramazioni per l'innervazione degli organi pelvici. Il razionale della tecnica è che, stimolando i nervi che originano a livello spinale, si determina una stimolazione riflessa degli organi contenuti nella pelvi, e del sistema muscolo-nervoso che costituisce il pavimento pelvico.
Il vantaggio di questa tecnica è di non essere invasiva, non ha effetti collaterali ed è ben tollerata dai Pazienti. Il piano terapeutico è di 12 sedute con cadenza bi-settimanale e con sessioni di stimolazione della durata di 30 minuti.
Dati di letteratura internazionale, dimostrano come Pazienti trattati con PTNS hanno una riduzione del 50% degli episodi di incontinenza, mentre circa il 40 % dei Pazienti sottoposti a trattamento diventa completamente continente ai gas ed alle feci.Alla Riabilitazione del Pavimento Pelvico, si è affiancata negli ultimi anni la STIMOLAZIONE PERCUTANEA DEL NERVO TIBIALE POSTERIORE (PTNS). La PTNS, è una valida alternativa per quei Pazienti i cui sintomi non migliorano con la terapia conservativa, ed è un sistema a minima invasività che consente una stimolazione retrograda del plesso sacrale, mediante la stimolazione elettrica percutanea del nervo tibiale. Tale nervo contiene fibre che originano dalla radice sacrale S3, dalla quale partono diramazioni per l'innervazione degli organi pelvici. Il razionale della tecnica è che, stimolando i nervi che originano a livello spinale, si determina una stimolazione riflessa degli organi contenuti nella pelvi, e del sistema muscolo-nervoso che costituisce il pavimento pelvico.
Il vantaggio di questa tecnica è di non essere invasiva, non ha effetti collaterali ed è ben tollerata dai Pazienti. Il piano terapeutico è di 12 sedute con cadenza bi-settimanale e con sessioni di stimolazione della durata di 30 minuti.
Dati di letteratura internazionale, dimostrano come Pazienti trattati con PTNS hanno una riduzione del 50% degli episodi di incontinenza, mentre circa il 40 % dei Pazienti sottoposti a trattamento diventa completamente continente ai gas ed alle feci.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico dell’incontinenza anale è stato nel corso degli anni oggetto di innovazioni importanti; l’obiettivo è ridare al Paziente una funzione anorettale compatibile con una vita confortevole, una continenza anale soddisfacente il più possibile vicina a quella normale, anche se il Paziente deve essere consapevole del fatto che non esiste alcuna procedura chirurgica in grado di garantire una completa restituzione della funzione sfinteriale. E’ importante sottolineare che il trattamento chirurgico dell’incontinenza anale è complesso e non privo di rischi! Non esiste attualmente una procedura chirurgica che garantisca il 100 % della risoluzione del problema. Il successo dell’intervento chirurgico si basa sulla selezione rigorosa dei Pazienti da operare, selezione basata sulla valutazione dei meccanismi e delle cause dell’incontinenza anale nonchè sulla scelta di una tecnica chirurgica appropriata.
Sfintero Plastica
Questa tecnica, è indicata in tutti quei casi in cui ci sia un deficit anatomico isolato dello sfintere esterno dimostrato all’ecografia endoanale e che non ha ottenuto alcun miglioramento con la terapia medico-riabilitativa. Mediante la sfinteroplastica, si realizza una riparazione diretta dello sfintere anale esterno dell’ano con un successo del 87 %.
Da studi fatti presso l’Unità di Colonproctologia dell’Università di Ginevra guidata dal Professor B. Roche, uno dei massimi esperti sulla ricostruzione dello sfintere anale, è emerso una correlazione diretta tra la traslazione anteriore preoperatoria del muscolo pubo-rettale e il miglioramento della continenza. Per mantenere il risultato ottenuto con l’intervento di ricostruzione con overlapping, il/la Paziente deve sottoporsi periodicamente a cicli di terapia riabilitativa; un peggioramento della continenza a lungo termine, dopo l'intervento, lo si ha infatti in tutti quei casi in cui non viene data alcun indicazione a terapia riabilitativa post operatoria. Cosa importante da ricordare è una buona qualità di vita in oltre il 70% dei/delle Pazienti sottoposti ad intervento chirurgico.
Più di recente, grazie alla migliore comprensione dei meccanismi che concorrono alla continenza e al suo mantenimento nel corso della vita, sono state proposte cure alternative attraverso tecniche mini-invasive destinate a migliorare il comfort dei Pazienti. Tra questi trattamenti, l’iniezione a livello del canale anale di agenti voluminizzanti ha assunto un ruolo sempre più crescente nell’arsenale terapeutico dell’incontinenza fecale trovando un’ indicazione precisa in caso di lesioni dell’apparato sfinteriale interno o post sfinterotomia.
Queste protesi sono principalmente di due tipi: da una parte abbiamo i Gatekeeper (THD, Correggio,Italia) ovvero cilindri sottili di materiale idrofilo della lunghezza di 21 mm, e dal diametro di 1 mm che, entrando in contatto dopo 24 ore dall'impianto con i tessuti umani aumentano di volume (diametro 7 mm), e di consistenza. Dall’altra parte abbiamo i PTQ Implants i quali sono costituiti da particelle solide di un elastomero di polidimetilsilossano, sospese in un gel veicolante di polivinilpirrolidone.
In genere, i Pazienti candidati sono quelli che non hanno ottenuto alcun miglioramento con i trattamenti conservativi. Dati di letteratura hanno dimostrato come i Bulking Agent, una volta impiantati, sono sicuri e ben tollerati dai Pazienti e soprattutto sono responsabili di una significativa riduzione degli episodi di IF grave con possibilità di rinviare l’atto della defecazione più a lungo con conseguente miglioramento della qualità della vita dei Pazienti trattati.
Tecniche di sostituzione dello sfintere anale
Quando nessuna soluzione ricostruttiva locale è possibile, come nel caso di grossi traumi perineali con distruzione dell’apparato sfinteriale, si è costretti a ricorrere, nel tentativo di correggere l’incontinenza anale, a tecniche di sostituzione sfinterica. In questi casi si fa ricorso alla trasposizione muscolare con l’esecuzione di una plastica autologa perineale mediante l’utilizzo del muscolo gracile il quale presenta caratteristiche anatomiche favorevoli alla trasposizione perineale.
La graciloplastica dinamica ha una percentuale di successo del 50-55 % circa con un’ elevata percentuale di complicanze post operatorie come l’ espianto del muscolo stesso. La tecnica è molto complessa da mettere in opera e richiede una selezione precisa dei Pazienti. E’ una tecnica di difficile esecuzione, con scarsi risultati e frequenti complicanze; uno studio comparso qualche tempo fa dimostrava una percentuale di complicanze intorno al 77 % delle quali il 42 % di grado severo, e soprattutto erano complicanze che si riscontravano nel 50 % dei Pazienti sottoposti a tale intervento.
Un’ alternativa alla graciloplastica dinamica è lo sfintere artificiale, il quale è stato inizialmente utilizzato per l’incontinenza urinaria e, successivamente anche per quella fecale. Lo sfintere artificiale è un dispositivo protesico completamente impiantabile caratterizzato da un anello gonfiabile che viene impiantato attorno all'ano che in questo modo viene tenuto chiuso e, quando si desidera evacuare, attraverso la pressione esercitata su una piccola pompa, si ha l’apertura dell’anello con il conseguente passaggio delle feci attraverso l'ano.
Ma, come per la graciloplastica, le esperienze a lungo termine non sono state soddisfacenti per l’alto tasso di espianti (15-65 %) dovuti sia a malfunzionamento delle parti meccaniche sia a problemi di tipo infettivo o da decubito dell’impianto.
Neuromodulazione sacrale
La Neuromodulazione sacrale (SNM), nata per il trattamento della disfunzione urinaria, è stata successivamente utilizzata per il trattamento dell’IF. Diversi studi, hanno dimostrato la sua efficacia in termini di miglioramento dei sintomi e della qualità di vita. La neuromodulazione sacrale prevede l'impianto di un dispositivo, inserito sottopelle simile a un pacemaker di piccole dimensioni (poco più grande di una moneta da 2 euro) che, mediante impulsi elettrici di bassa intensità, stimolano le radici sacrali da cui partono i nervi che controllano gli organi pelvici tra cui anche la regione ano-rettale. I soggetti che hanno sperimentato la terapia di neuromodulazione per l’IF hanno riportato notevoli miglioramenti nel controllo dell’apparato sfinteriale con conseguente miglioramento della qualità di vita.
Le complicanze riportate da un’importante review di qualche anno fa si aggirano intorno al 20 % e sono rappresentate dal dolore nella sede di alloggiamento del pace-maker, dislocamento dello stesso, ed infezione. La neuromodulazione sacrale può essere considerata quindi una metodica mini-invasiva molto efficace ma allo stesso tempo molto costosa, e per tale motivo viene eseguita solo in pochi centri specializzati. La colostomia può rappresentare l’ultima soluzione ad un’incontinenza fecale invalidante, quando nessun’altra opzione terapeutica può essere presa in esame. Per il Paziente, la decisione è spesso difficile da prendere e diventa difficile da accettare il suo “handicap”: le spiegazioni di uno specialista stoma-terapeuta, possono aiutarlo, in modo tale che il Paziente potrà così comprendere come la raccolta delle feci in un’apparecchiatura a tenuta stagna è più facile da gestire, che perdite anali incontrollabili e irritanti.
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